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III. LINGUA E LETTERATURA ITALIANA

L'Età dei Vocabolari

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La pubblicazione della prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca (Venezia, G. Alberti, 1612) suscitò vive reazioni tra i letterati che non accettavano il principio che la lingua comune, l'italiano, dovesse conformarsi al fiorentino trecentesco, proposto dagli accademici come ideale di lingua pura e naturale. Paolo Beni e Alessandro Tassoni furono tra i primi a polemizzare contro il toscanismo arcaizzante che escludeva dal Vocabolario gli autori moderni (per esempio Torquato Tasso) e proponeva una lingua desueta soprattutto nella sintassi e nel lessico. L'idea di imitazione della sintassi antica, soprattutto di Giovanni Boccaccio per la prosa e di Francesco Petrarca per la poesia, risaliva in realtà al classicismo elitario delle Prose della volgar lingua (1525) del veneziano Pietro Bembo. Rispetto a Bembo, i presupposti teorici del Vocabolario erano però molto più radicali e intesi a condizionare tutti gli àmbiti della scrittura, non solo di quella letteraria: si fondavano sull'idea, sostenuta con particolare vigore dal fiorentino Lionardo Salviati (1540-1589), che tutti gli autori toscani trecenteschi, non solo i grandi ma anche i minori e i minimi, fossero depositari per natura della lingua migliore, dalla morte di Boccaccio in poi progressivamente corrotta e decaduta. Il toscanismo arcaizzante proposto dalla Crusca urtava la cultura e la sensibilità non solo dei non toscani come Beni e Tassoni, ma anche dei toscani non fiorentini: in particolare i senesi, che da pochi decenni avevano perso la loro indipendenza venendo assoggettati ai Medici (1559), fecero della rivendicazione linguistica della superiorità del senese sul fiorentino uno strumento di rivalsa politica. La superiorità linguistica del senese dell'uso fu sostenuta per esempio da Scipione Bargagli, da Celso Cittadini, da Adriano Politi; proprio a Siena nel 1589 venne istituita, per la prima volta in una università, la cattedra di Lingua toscana, tenuta fino al 1598 da Diomede Borghesi.